Mi fa molto piacere che alcune firme che conosco tra le 200
femministe pro-GPA vogliano aprire un dialogo su quella che chiamano Gestazione
Per Altri, visto che sono anni che il dialogo viene puntualmente negato: prima
in Famiglie Arcobaleno (anni Zero), poi in Nonunadimeno (anni Dieci) poi in
varie Case delle donne. Dialoghi e informazione sono “sospesi” fino al momento
in cui matura la convinzione che sì, è una grandiosa opportunità di espressione
della generosità femminile, perché non la regolamentiamo? Oppure fino al
momento in cui chi è contraria a questo come ad altri punti del “pacchetto
gender” si allontana o viene allontanata con le buone o le cattive dagli
inclusivi “luoghi delle donne”. O forse degli asterischi, altro punto del
pacchetto gender che si avvicina a grandi passi.
Una volta, negli anni 80, le femministe chiamavano la
compravendita di neonati commissionati (CNC) “utero in affitto”, e non c’erano
al nostro interno compagne che la pensassero diversamente. Dico “nostro” per
brevità: ero adolescente e ho fatto in tempo solo a cogliere la coda un po’
decadente di quel movimento straordinario che ha dato cittadinanza all’essere
femmina, lottando contro l’oppressione subita per mano degli uomini nella loro
cultura patriarcale, da cui abbiamo cercato e cerchiamo tuttora di uscire.
Evidentemente con scarso successo.
Quarant’anni dopo il paesaggio sociale è cambiato: si dice
che ci siano tanti femminismi, ognuno con la sua idea parziale sulla liceità o
anche encomiabilità dello sfruttare le capacità riproduttive di una donna per
sottrarle il figlio o figlia in cambio di denaro. Perché non la
“regolamentiamo” anche in Italia? Cioè, se non fosse chiaro, perché non
introduciamo anche nel nostro (avevo scritto “mostro”) Paese la possibilità per
una donna di scegliere, tra i tanti mestieri a disposizione cui presto si
aggiungerà il sex work regolamentato, di mettersi a disposizione per nove mesi
di gravidanza a beneficio altrui, separandosi dal neonato appena esce da suo
corpo, ovviamente senza possibilità di ripensarci perché il frutto del suo
ventre non è suo, come le “portatrici” ripetono ad nauseam. Tranne quando ci ripensano, però. In California ci sono
stati diversi casi che non hanno nemmeno potuto adire gli ultimi gradi di
giudizio. Non c’è nulla da discutere né da rivendicare: hai firmato il
contratto? Avevi un avvocato? (Pagato dalla controparte, non certo da chi vuole
farsi quattro soldi per la propria famiglia e accetta la visione davvero
masochista di partorire un figlio non suo.)
C’è la data sul contratto? Allora è tutto legale, il figlio non è tuo.
Non so neanche bene cosa ci sia da discutere talmente è
chiara la sopraffazione legale che la CNC introduce non solo sulle donne,
trattate come contenitori di seme altrui come ai tempi di Aristotele, ma sui
neonati di cui si calpesta il diritto umano alla continuità familiare, oltre
che quello di non essere comprato e venduto. E la compravendita non può fare
eccezione se le intenzioni sono buone. Chi garantisce poi che le intenzioni
siano buone? Nell’adozione, che è dare una famiglia a chi sfortunatamente non
può essere accudito dalla propria madre, per lo meno ci sono controlli. Qui paghi
e pretendi.
Faremo la legge più bella del mondo!, ho già sentito dire. Certo. Poi se le limitazioni (i controlli, ad esempio) non soddisfano l’acquirente, l’opzione estero rimane sempre aperta. ma non importa. Quel che conta è darne la possibilità alle donne che scelgono di fare le portatrici. Come in Grecia, dove sono le immigrate a diventare le migliori amiche delle donne che non possono partorire, che oltre alle pulizie e alla cura degli anziani, possono utilizzarle per diventare madri ai sensi della legge sulla CNC altruista. Si risparmierà così la fatica di andare all’estero a chi può pagare per commissionare un neonato. E magari incentiveremo il turismo procreativo, con noi come destinazione invece della Grecia o dell’Ucraina, momentaneamente in difficoltà.
Le femministe che non possono essere ingabbiate, ma che
parlano secondo la teoria neoliberale, in cui tutto è una scelta, e l’illusione
della scelta legittima qualunque aberrazione giuridica come vendere un figlio
su commissione, si preoccupano persino che gli acquirenti possano non volere
più il prodotto-bambino, che si troverebbe così senza genitori. Cosa vorrebbero
fare, costringerli a occuparsene? Che idea delle relazioni umane hanno? Facciamo
piuttosto in modo che nessuno si trovi in quella condizione lottando contro la
CNC. Che va abrogata dove esiste, e perseguita nella sua organizzazione dove
fortunatamente non esiste.
Un’ultima cosa: non esistono “figli nati da coppie
omosessuali”, nemmeno all’estero. Sono lesbica e lo so bene.
Un’ultimissima
cosa: che
sfacciataggine appellarsi ai diritti dei bambini per “regolamentare”, cioè
introdurre la CNC, che nasce per calpestarli programmando la separazione del
neonato da sua madre.