I convegni sulla surrogazione di maternità

Società italiane di varie figure professionali (e non) femminili, centri universitari sul gender, o altri centri studi promuovono da un paio d’anni a questa parte numerose iniziative sulla surrogazione di maternità, chiamata in vari modi e sempre legittimata da fior di femministe. Si sono tutte bevute la balla dell’autodeterminazione? Lo faranno anche il 25 a Torino?

Ormai di routine scrivo lettere simili a questa, inviata a promotori e partecipanti all’iniziativa di domani:

 

Il giorno 8 maggio 2018 11:03, Daniela Danna ha scritto:

care colleghe, prendendo atto del fatto che mai in simili occasioni vengo invitata, benché sia l’accademica italiana con più ricerca e pubblicazioni sul tema surrogazione di maternità, vi segnalo i miei ultimi lavori sperando che almeno troviate il tempo di documentarvi leggendo chi da più di dieci anni riflette e da almeno cinque scrive su questa pratica:

il libro Maternità. Surrogata? per maggiori informazioni sulla Gpa, sulla sua storia e sulla sua realtà nei paesi che ammettono questo istituto giuridico: http://www.asterios.it/catalogo/maternit%C3%A0-surrogata più ricco e aggiornato, diverso nelle conclusioni dal mio precedente lavoro Contract Children. Questioning surrogacy (Ibidem 2015);
l’articolo a proposito di Gpa e movimento Lgbt: “Il Movimento LGBT e la maternità surrogata: corpi in vendita o resistenza alla mercificazione?”, in PaginaUno, lo trovate qui:
http://www.rivistapaginauno.it/;
segnalo anche il prossimo convegno di ArciLesbica “Che cosa è successo alle donne?”: http://www.arcilesbica.it/scuola-lesbica-estiva/
mi sembra che si stia passando un po’ troppo velocemente a riflessioni tecnico-giuridiche su quello che, come anche il vostro titolo segnala, è un tema di grandissima rilevanza sociale, terreno di scontro tra concezioni diverse dei riflessi giuridici che deve avere la differenza di genere, oltre che le disuguaglianze socio-economiche.
immagino che i mancati inviti, tra cui il vostro, siano dovuti ai veti di Famiglie Arcobaleno. Questa associazione, di cui Marco Gattuso è un esponente, ha sottoscritto un documento in cui si richiede alle donne l’obbligo di separarsi dalla prole se la gravidanza è cominciata con una loro promessa (per cui FA vuole introdurre un valore legale, che di fatto impedisce una vera autodeterminazione) 12 parameters for the ethical use of surrogacy, settembre 2016  http://www.menhavingbabies.org/advocacy/ethical-surrogacy/
mi auguro che il futuro dibattito non faccia sconti a un’associazione che si propone di calpestare in questo modo la volontà delle “portatrici” che diventano madri e vogliono continuare ad esserlo.
testimoniare i “casi felici” distoglie l’attenzione da quelli, numerosi anche se non maggioritari, in cui i neonati vengono separati dalle madri non solo contro la loro volontà, ma contro la volontà delle madri stesse (ma in questioni di violenza di questa gravità non è la frequenza a contare).
ciò è possibile perché la gpa (come dice il suo nome: gestazione per altri) non è un atto volontario di donne autodeterminate, ma un contratto in cui le donne si obbligano a cedere neonati in cambio del denaro che ricevono (le altre componenti, sociali, dello scambio possono essere o non essere presenti).
FA è composta da coppie maschili che sono nella loro totalità (mi baso sulla loro presa di parola pubblica) diventati padri in virtù di questi contratti, e non certo della libera volontà di donne autonome – a meno di non volere identificare, à la neoliberale, la firma di un contratto come la massima espressione di autodeterminazione, non importa il suo contenuto
richiamo la vostra attenzione anche su questo commento di un sito di informazione gay al più recente caso di cui la stampa ha dato notizia, significativo per la connotazione data ai protagonisti della terribile vicenda: http://www.gay.it/attualita/news/gpa-madre-surrogata-cambia-ideacordialmente
daniela danna

Di solito, come è successo in questo caso, mi rispondono che si tratta di cose tecniche, rispondono cioè che solo i sommi sacerdoti del diritto sarebbero in grado di capire bene di cosa si tratta quando si mettono le donne a fare le fattrici a pagamento. “Autonomia” del diritto (su questa concezione del diritto vedi le considerazioni di Silvia Niccolai nei suoi ultimi lavori nei volumi Femminismo ed esperienza giuridica e Maternità, filiazione, genitorialità), specificità della disciplina, un conto sono le beghe tra associazioni e un conto l’olimpo della discussione accademica.
Ovviamente non è vero nulla: le “tecniche” giuriste che sono contrarie all’introduzione nel nostro ordinamento di questo nuovo istituto non sono parimenti invitate a condividere il loro specialistico sapere.
Aggiungerei anche – non lo metto in queste lettere perché è roba un po’ forte – che l’argomento che le portatrici sono felici di esserlo va in perfetto parallelo con quel che fanno i negazionisti della schiavitù, i simpatizzanti (ed eredi) degli stati schiavisti del sud degli stati uniti, che portano tonnellate di testimonianze su quanto gli schiavi fossero felici. E sono testimonianze assolutamente vere, raccolte nelle storie orali degli anni Trenta. Basta sceglierle.
Infine: come concordato o lanciato nel convegno di novembre scorso a Roma tra le associazioni lgbt, i Pride di quest’anno chiedono “il riconoscimento della filiazione alla nascita nelle coppie same-sex”.
Traduco per chi non sa il surrogatese: chiedono la legalizzazione della surrogazione di maternità così come è configurata negli Usa (in California, dove vanno di solito le coppie gay facoltose, o aiutate dai genitori): contratti vincolanti e libero mercato dei compensi (anche lì sono “rimborsi spese” esentasse), oppure in Canada, dove si dice “altruistica” e si intende: pre-birth orders (bambini assegnati giuridicamente ai “genitori”, cioè ai committenti, prima ancora che nascano) e naturalmente “rimborsi spese” per tutti – esclusi medici e avvocati che riscuotono il loro giusto compenso.