Ho 27 anni, sono egiziana del Cairo e faccio un master a Istanbul in Relazioni internazionali. Prima mi sono laureata in Comunicazioni di massa. Sono una giornalista, ma ora voglio studiare politica per scrivere più nel mondo accademico che nel giornalismo. Ho lavorato a Islam on line. Come hai scoperto di essere femmina, che cosa ha significato per te? È una questione lunga! In ogni epoca ci sono visioni differenti e differenti pensieri su cos’è essere una donna. Qualche volta è positivo, è molto bello essere una donna, si ringrazia Dio per non essere un uomo, e a volte l’opposto. Dipende. Dipende dalle varie situazioni in cui sei, dalla tua società, dai tuoi scopi e dalle tue ambizioni. Qualche volta i tuoi scopi nella tua società sono accettati e allora essere donna non fa nessuna differenza, fai quello che vuoi. E qualche volta se vuoi fare qualcosa non te lo fanno fare perché sei una femmina, non ti è permesso. Quando ho scoperto di essere una donna? Da bambina, sai, quando vedi che tu sei una ragazza, loro sono ragazzi, ci sono differenze, possono fare cose che io non posso fare. E viceversa? Hai scoperto anche che puoi fare cose che tuo fratello (seduto vicino) non può fare? Sì, può essere ma da piccola non era molto chiaro. Noi facevamo tutti le stesse cose. Io ero una ragazza con tre fratelli e facevo tutto quello che facevano loro, giocavo ai loro gli stessi giochi, proprio come i maschi. E a 7-8 anni ho cominciato a mettere l’hijab. Nessuno mi ha chiesto di farlo, ma volevo essere come mia madre e le sue amiche e le mie amiche. Ho cominciato a mettere l’hijab e non c’era nessuna differenza, indossavo i miei abiti normali e poi l’hijab. E continuavo ad andare ovunque e fare le stesse cose. Era ok essere una ragazza! La mia opinione, basata sulla mia esperienza in Egitto, è che le donne nelle nostre società hanno più libertà oggi. Perché nelle nostre società se tu non indossi l’hijab tutti ti guardano, tutti osservano che cosa fai. Ma quando indossi l’hijab pensano che tu sia a posto, che non farai niente di sbagliato, e ti danno più libertà. Questo nelle nostre società. Forse altrove è diverso, ma nelle nostre società se vuoi essere più libera, indossa il velo! Formalmente in Turchia, dove studio, è proibito andare in università con il turban o il bashortu, ma in alcune università non prestano alcuna attenzione a questa cosa formale. Da amiche turco-egiziane ho sentito che vanno all’università, persino pubblica (ma non sono molto informata perché io vado a una privata) a volte persino con un hijab completo. Cos’è un hijab completo? È questo (mostra il foulard che le avvolge i capelli), si può indossare così oppure far girare gli estremi intorno al collo, così. Che cosa pensi di questa proibizione? Penso che sia una cosa molto deludente. Ho molte amiche turche, molte di loro indossano l’hijab, o persino il charshef, si chiama così il vestito nero, non è un burqa. Con il viso coperto fino agli occhi? No, mostrano il viso. Qualche volta lo chiudono, in questo modo. Circa il 70% delle donne turche indossano l’hijab, e se guardi le donne turche nei villaggi probabilmente lo portano tutte. E se siamo il 70% e ci dici che non ci è permesso andare all’università, che cosa significa? Ma la proibizione è molto antica, no? Arriva da Atatürk. Sì, ma dopo la guerra si è persa. Negli anni Novanta era persa. Non lo so molto bene, ma ho letto che nel 1997 quando Arbakan (leader del partito islamico AKP) è diventato primo ministro ha cercato di fare qualcosa, non ricordo bene cosa ma voleva essere più vicino ai musulmani, così tutto l’esercito si è preoccupato e hanno cercato di resistere. Così nel 1997 è stata fatta questa legge che è proibito portare l’hijab in tutte le università. Prima era permesso, ora è l’esatto contrario di come era prima. Ora che l’AKP è al governo la proibizione non è così stretta. Conosci il dibattito in Francia? Ti chiedo della Francia anche se vengo dall’Italia perché probabilmente il dibattito in Francia è più conosciuto. Sì, mio fratello fa un master là. E io ho lavorato a Islam on line, e questo è un grande tema, di grande interesse per noi. Diresti lo stesso per la Francia? Noi tendiamo a discutere del velo come se la situazione fosse la stessa in ogni paese, ma in ambienti diversi ci sono significati diversi: in Francia o in Turchia non è lo stesso. Io credo che in Francia ci sia un equivoco. Chi ha votato questa legge e la gente che la sostiene pensa per prima cosa che tutte le donne che indossano l’hijab sono obbligate a farlodalla famiglia, dai padri. E come seconda cosa pensa che ci siano delle restrizioni ai loro spostamenti, al loro pensiero, così vogliono liberarle. Non sono sicura che sia questa l’idea, ma è quello che noi capiamo. Non sempre è questo il caso. A volte sì, so che le donne sono veramente costrette dalla famiglia a indossarlo ma non è sempre così. Puoi paragonarlo a forzarle a toglierlo. In Francia le costringono a toglierlo, e le donne devono scegliere da che parte stare
nessuna colpa, nessuna vergogna!
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