Questo pianeta

Dal numero 11 di XXD

Conosciamo davvero questo pianeta, in cui ci ha sbarcate l’incontro casuale di un ovulo e di uno spermatozoo? Chi meglio della biologa Laura Conti, autrice già “ritrovata” a luglio (Il tormento e lo scudo), ce lo può spiegare esaurientemente? Questo pianeta, appunto, è uno spiritoso e denso volumetto apparso nel 1983 per Editori Riuniti, nel momento in cui l’ecologia ha maturato un pensiero in opposizione alle prospettive dominanti del liberismo e del comunismo, e i suoi rappresentanti, tra cui Laura, lo propongono a lettrici e lettori in modo divulgativo. Un po’ di cultura scientifica non fa mai male, nel nostro paese nutrito a latinorum e arti varie, penosamente ignorante sul rapporto tra società e ambiente, sul legame stretto tra scelte di consumo e conseguenze ecologiche, ancora permeato dall’ambizione del dominio umano sul pianeta che ci ospita, invece di considerarci solo una parte – peraltro niente affatto indispensabile – di un tutto.

E quindi seguiamo Laura nel suo narrare la storia del pianeta, della comparsa della vita su di esso, delle interazioni chimiche e fisiche che l’hanno resa possibile qui, invece di farci sbronzare sull’inospitale Pianeta della Birra – una tra le tante trovate fantastiche del suo discorso. Apprenderemo moltissimo sulle leggi di natura che vanno rispettate perché la vita sia possibile e si sviluppi in modo armonico: dall’equilibrio demografico ai modi di costituire la simbiosi tra specie vegetali e animali, e la danza fatale tra predatori e predati, al necessario riciclaggio dei materiali molecolari da un organismo all’altro, all’imperativo del ritorno a un’agricoltura organica e non industriale, cambiando la prospettiva, foriera di disastri, in base alla quale “Se qualcosa è economicamente conveniente, è in pratica obbligatorio”. E Conti ribadisce il principio per cui “qualsiasi modifica all’ambiente sia da considerarsi pericolosa sinché non ne sia dimostrata l’innocuità”, contro la “mentalità molto diffusa secondo la quale esistono solo quei pericoli che la scienza ha saputo già identificare, studiare, misurare”. Il suo obiettivo è intrecciare nuovamente le interdipendenze tra società e ambiente recise dal pensiero comune: siamo abituati “a considerare la società, l’economia, la storia, il rapporto tra uomini, totalmente estranei alla biologia, al rapporto tra le specie viventi”. E accusa: “Che Filosofo sei se non studi la chimica? Che Architetto sei se non conosci la genetica?” O perlomeno se non hai letto almeno questo suo testo introduttivo, aggiungiamo volentieri.

Il dialogo che intesse è infatti con gli intellettuali tecno-ottimisti che vedono magnifiche sorti e progressive, nonché il Sol dell’avvenire, nella dominazione dell’Uomo sulla Natura. Laura cerca di farli riflettere: “sia il Filosofo che l’Architetto sono convinti che tutti gli errori dell’uomo saranno sempre riparati, o dall’uomo stesso oppure dalla natura”. Purtroppo, e il libro lo spiega in dettaglio, non è questa la realtà, e se gli apparati artificiali diventano sempre più complessi, e pericolosi, i sistemi viventi vengono sempre più impoveriti. A quasi quarant’anni di distanza, non si può dire che la tendenza sia stata invertita. Né che il programma di riconversione da un’economia industriale verso un’economia sostenibile sia stato anche solo avviato dai vertici di comando della società, per i quali valgono ancora quelli che per Conti sono miti pericolosi: “che l’industrializzazione costituisca un valore positivo”, così come l’obiettivo della “crescita del volume degli scambi tra un’economia e l’altra”.